Nutrizionista Cosenza – Dott.ssa Chiara Palermo

Consigli per una sana e corretta alimentazione, lezioni di educazione alimentare, nutrizione clinica, dieta chetogenetica, test intolleranze alimentari

Infiammazione della mucosa dello stomaco e dell’intestino che si manifesta prevalentemente con sintomi del tratto GI superiore (anoressia, nausea e vomito), diarrea e disturbi addominali.

 1. Gastroenterite : inquadramento

La perdita di liquidi e di elettroliti associata alla gastroenterite può essere poco più di un semplice inconveniente per un adulto in buona salute, ma può essere molto grave per una persona che non è in grado di sopportarne lo stress (p. es., i soggetti anziani o molto giovani, i soggetti debilitati o quelli con certe malattie concomitanti).

Eziologia ed epidemiologia

La gastroenterite può avere un’eziologia aspecifica, incerta o sconosciuta o batterica, virale, parassitaria o tossica. Quando può essere identificata una causa specifica, si può utilizzare il nome specifico della sindrome, evitando il termine meno specifico di “gastroenterite.” L’infezione da Campylobacter è la causa batterica più frequente della malattia diarroica negli USA La trasmissione da persona a persona è particolarmente comune con le gastroenteriti causate da Shigella, Escherichia coli O157:H7, Giardia, virus di Norwalk e rotavirus. L’infezione da Salmonella può essere acquisita attraverso il contatto con i rettili (p. es., iguana, tartarughe). Le cause virali della gastroenterite includono il virus di Norwalk e i virus Norwalk-simili, i rotavirus, gli adenovirus, gli astrovirus e i calicivirus. Le epidemie di diarrea virale nei lattanti, nei bambini e negli adulti solitamente si diffondo attraverso l’acqua, i cibi contaminati o la via orofecale. Le infezioni da virus di Norwalk si verificano tutto l’anno e causano il 40% circa delle epidemie di gastroenterite nei bambini e negli adulti. Durante l’inverno, nelle regioni a clima temperato, i rotavirus rappresentano la causa principale delle gravi affezioni diarroiche che provocano l’ospedalizzazione dei bambini al di sotto dei 2 anni di età. Gli adulti, che hanno delle infezioni di solito più lievi, probabilmente hanno una qualche immunità. Alcuni parassiti intestinali, in particolare la Giardia lamblia aderiscono o invadono la mucosa intestinale e causano nausea, vomito, diarrea e malessere generale. La giardiasi è endemica in molte regioni a clima freddo (p. es., gli stati delle montagne rocciose, il nord degli USA e l’Europa). La malattia può diventare cronica e causare una sindrome da malassorbimento Di solito è acquisita con una trasmissione da persona a persona (p. es., nei day-hospital) o bevendo acqua contaminata (p. es., dei fiumi). Un altro parassita intestinale, il Cryptosporidium parvum, causa una diarrea acquosa che è a volte accompagnata da dolori addominali crampiformi, nausea e vomito. Nelle persone sane la malattia è, di solito, lieve e autolimitantesi, ma nei pazienti immunocompromessi l’infezione può essere grave, causando una sostanziale perdita di elettroliti e di liquidi. L’infezione da Cryptosporidium è probabilmente contratta più frequentemente bevendo dell’acqua contaminata. Sebbene le uova di Cryptosporidium siano più comunemente trovate nelle riserve municipali di acqua, non si sa quale percentuale di rifornimenti idrici contenga uova vitali e infettive. La roenterite virale o influenza e alcuni tipi di diarrea del viaggiatore possono essere causati da enterotossine batteriche o da infezioni virali.

Fisiopatologia

Alcune specie batteriche producono delle enterotossine che ostacolano l’assorbimento intestinale e possono causare la secrezione di acqua e di elettroliti. In certi casi, è stata caratterizzata una tossina chimicamente pura (p. es., l’enterotossina del Vibrio cholerae); la sola tossina è in grado di produrre la voluminosa secrezione acquosa da parte del tenue, osservata clinicamente, dimostrando, quindi, un adeguato meccanismo patogenetico per la diarrea. Le enterotossine rappresentano, probabilmente, il meccanismo responsabile di altre sindromi diarroiche (p. es., l’enterotossina dell’E. coli può causare alcuni episodi di “diarrea pediatrica” e di diarrea del viaggiatore). Alcune specie di Shigella, Salmonella e di E. coli penetrano nella mucosa del piccolo intestino o del colon eproducono ulcerazioni microscopiche, sanguinamento, essudazione di liquido ricco di proteine e secrezione di acqua e di elettroliti. Il processo invasivo e le sue conseguenze si possono verificare indipendentemente dal fatto che il  icrorganismo elabori o meno l’enterotossina. Una gastroenterite può far seguito all’ingestione di tossine chimiche contenute in alcune piante (p. es., funghi, patate e flora da giardino), in prodotti ittici (pesci, vongole e cozze) o in cibi contaminati. L’ingestione di metalli pesanti (arsenico, piombo, Hg e cadmio) può causare, nausea, vomito e diarrea. Molti farmaci, compresi gli antibiotici a largo spettro, hanno notevoli effetti collaterali sull’apparato GI. Diversi meccanismi svolgono un ruolo, inclusa l’alterazione della normale flora intestinale.

Sintomi e segni

Il carattere e la gravità dei sintomi dipendono dalla natura dell’agente causale, dalla durata della sua azione, dalla resistenza del paziente e dall’estensione dell’interessamento GI. L’inizio è spesso improvviso e talvolta drammatico, con anoressia, nausea, vomito, borborigmi, crampi addominali e diarrea (con o senza sangue e muco). Si possono associare un malessere generalizzato, dolori muscolari e un senso di prostrazione. Se il vomito causa un’eccessiva perdita di liquidi, si verifica un’alcalosi metabolica con ipocloremia; se è più importante la diarrea, è più probabile che si verifichi un’acidosi. Il vomito o la diarrea eccessivi possono causare ipokaliemia. Si può sviluppare un’iponatriemia, specialmente se nella terapia di reintegrazione sono usati liquidi ipotonici. La grave disidratazione e lo squilibrio acido-base possono produrre cefalea e sintomi di irritabilità muscolare e nervosa. Il vomito persistente e la diarrea possono causare una grave disidratazione e uno shock, con collasso circolatorio e insufficienza renale oligurica. L’addome può essere disteso e dolorabile; nei casi gravi può essere presente una contrattura muscolare di difesa. Possono essere visibili e palpabili delle anse intestinali distese dai gas. Con lo stetoscopio sono auscultabili i borgorigmi, anche senza diarrea (un’importante caratteristica differenziale con l’ileo paralitico). Possono essere presenti i segni di una deplezione extracellulare di liquidi (p. es., ipotensione, tachicardia)

Diagnosi

Può essere importante, un’anamnesi positiva per l’ingestione di cibo potenzialmente contaminato, di acqua di superficie non trattata o di una sostanza nota come irritante per il tratto GI; di viaggi effettuati di recente; e del contatto con persone affette dagli stessi disturbi. Se i sintomi non regrediscono entro 48 h sono indicati l’esame colturale e la ricerca dei GB nelle feci. La sigmoidoscopia è utile per la diagnosi di colite ulcerosa e di dissenteria amebica, sebbene la shighellosi e l’E. coli O157:H7 possano produrre lesioni a carico del colon, indistinguibili da quelle della colite ulcerosa. Per fare la diagnosi può essere necessario anche l’esame colturale del vomito, del cibo e del sangue. Un’eosinofilia può indicare un’infezione parassitaria. L’addome acuto chirurgico non si associa, di solito, a una storia di frequenti evacuazioni, a una normale di GB o a una leucopenia e all’assenza di spasmo muscolare e di dolorabilità localizzata. Comunque, a volte si può avere diarrea nell’appendicite acuta, nell’ostruzione incompleta del piccolo intestino, in altre emergenze acute intra-addominali e nelle neoplasie del colon.

Principi generali di terapia

La terapia di supporto è la più importante. È auspicabile il riposo a letto con la disponibilità di un bagno, di una comoda o di un vaso da letto. Quando la nausea o il vomito sono lievi o sono cessati, la somministrazione orale di soluzioni elettrolitiche con glucoso o di brodo leggero o bollito con l’aggiunta di sale, può prevenire la disidratazione o trattare una lieve disidratazione. Anche se vomita, il paziente deve assumere frequenti ma piccole sorsate di questi liquidi, perché il vomito si può risolvere con la reintegrazione del volume. I bambini si possono disidratare più rapidamente e devono ricevere un’appropriata soluzione reidratante (ne esistono in commercio diversi tipi). I liquidi comunemente usati, come le bevande gassate o le bevande per sportivi, hanno un anomalo rapporto tra glucoso e Na e quindi non sono adatte per i bambini < 5 anni di età. Se il vomito persiste o se è prominente una grave disidratazione, è necessaria l’infusione EV di un’appropriata terapia reintegrativa degli elettroliti Se il vomito è grave ed è stata esclusa una condizione chirurgica, può essere utile la somministrazione di un antiemetico (p. es., dimenidrinato, 50 mg IM q 4 h o clorpromazina ³  25-100 mg / die IM) o di proclorperazina, 10 mg PO tid (supposte da 25 mg bid). Per il trattamento dei gravi dolori addominali crampiformi può essere somministrata della meperidina, alla dose di 50 mg IM q 3 o 4 h. Deve essere evitata la morfina perché aumenta il tono della muscolatura intestinale e può aggravare il vomito. Quando il paziente riesce a tollerare i liquidi senza vomitare, un’alimentazione leggera (cereali, gelatina, banane e toast) può essere aggiunta, gradualmente, alla dieta. Se dopo 12-24 h persiste una diarrea moderata in assenza di gravi sintomi sistemici o di sangue nelle feci, può essere somministrato il difenossilato, 2,5-5 mg in cp o sotto forma di sciroppo tid o qid, la loperamide, 2 mg PO qid o il bismuto subsalicilato, 524 mg (due cp o 30 ml) PO 6-8 volte al giorno. Il ruolo degli antibiotici è controverso, anche per le specifiche diarree infettive, ma la maggior parte degli esperti li consiglia nella terapia sintomatica della shighellosi. Quando è presente un’infezione sistemica devono essere somministrati gli antibiotici appropriati, sulla base dell’antibiogramma. Comunque, gli antibiotici non servono per un rapido miglioramento né per i pazienti con una semplice gastroenterite né per i pazienti portatori asintomatici. Anzi, gli antibiotici possono favorire e prolungare lo stato di portatore della salmonellosi. L’uso indiscriminato degli antibiotici favorisce la selezione di organismi resistenti al farmaco ed è scoraggiato. 

2. INFEZIONE DA ESCHERICHIA COLI O157:H7

Sindrome tipicamente caratterizzata da diarrea ematica acuta che può causare una sindrome emoliticauremica.

 Eziologia e fisiopatologia

L’E. coli O157:H7 e i ceppi simili di E. coli (detti E. coli enteroemorragici) producono degli elevati livelli di tossine che sono indistinguibili dalla potente citotossina prodotta dalla Shigella dysenteriae tipo 1. Queste tossine di Shiga sono prodotte nel grosso intestino dopo l’ingestione dell’E. coli enteroemorragico. Sembrano causare un danno diretto alla mucosa, hanno un effetto tossico sulle cellule endoteliali della parete dei vasi intestinali e, se assorbite, esercitano degli effetti tossici sull’endotelio vascolare (p. es., del rene). 

Epidemiologia

Anche se oltre 100 sierotipi di E. coli producono la tossina di Shiga, l’E. coli sierotipo O157:H7 è il più comune nel Nord America. In alcune parti degli USA e del Canada, l’infezione da E. coli O157:H7 può essere una causa di diarrea ematica più frequente della shigellosi o della salmonellosi. Si può verificare in persone di ogni età, anche se l’infezione grave è più frequente nei bambini e negli anziani. L’E. coli 0157:H7 ha un ospite di riserva bovino; le epidemie e i casi sporadici di colite emorragica possono verificarsi entrambi dopo l’ingestione di carne bovina mal cotta (specialmente carne di manzo) o di latte non pastorizzato. Possono trasmettere l’infezione anche i cibi o l’acqua contaminati con letame di mucca o la carne di manzo cruda tritata. L’organismo può anche essere trasmesso da una persona all’altra mediante la via orofecale (soprattutto tra i lattanti con i pannolini).

 Sintomi, segni e complicanze

L’infezione da E. coli O157:H7 inizia tipicamente in modo acuto con gravi crampi addominali e diarrea acquosa che può diventare francamente ematica in 24 h. Alcuni pazienti riferiscono che la loro diarrea è “tutta sangue e niente feci,” il che ha motivato il termine di colite emorragica. La febbre, di solito assente o lieve, può occasionalmente raggiungere i 39°C. Nell e infezioni non complicate, la diarrea può durare da 1 a 8 gg. La sigmoidoscopia può evidenziare la presenza di eritema e di edema e il clisma opaco può mostrare l’edema con le tipiche impronte digitali. Circa il 5% dei casi è complicato dalla sindrome emolitica-uremica (SEU), che è caratterizzata dall’anemia emolitica, dalla trombocitopenia e dall’insufficienza renale acuta. Questa sindrome è talvolta diagnosticata come porpora trombotica trombocitopenica (PTT) quando si verifica negli adulti. La PTT postdiarroica è probabilmente la stessa sindrome della SEU. Tuttavia, a differenza della SEU, la maggior parte dei casi di PTT non ha un prodromo diarroico (v. in Trombocitopenia nel Cap. 133). Queste sindromi si sviluppano tipicamente nella seconda settimana di malattia, possono essere annunciate da un aumento della temperatura e dei GB e sono molto più frequenti nei bambini < 5 anni e negli adulti > 60 anni. La morte si può verificare, specialmente negli anziani, con o senza queste complicanze. 

Diagnosi

L’infezione da E. coli O157:H7 deve essere distinta dalla dissenteria e dalle altre forme infettive di diarrea con feci ematiche, isolando l’organismo con l’esame colturale delle feci. Spesso, il medico deve chiedere specificatamente al laboratorio di ricercare l’organismo. Poiché la combinazione di una diarrea ematica e di un grave dolore addominale senza febbre indica diverse eziologie non infettive, l’infezione da E. coli O157:H7 deve essere presa in considerazione nei casi sospetti di colite ischemica, di invaginazione e di malattia infiammatoria dell’intestino.

Profilassi e terapia

Il corretto smaltimento delle feci delle persone infette, una buona igiene e uno scrupoloso lavaggio delle mani con sapone può aiutare a limitare la diffusione dell’infezione. Le misure preventive che possono essere efficaci nell’ambito della scuola materna includono il mettere insieme i bambini riconosciuti infetti con l’E. coli O157:H7 o richiedere due esami colturali delle feci negativi prima di permettere ai bambini infetti di frequentare. La pastorizzazione del latte e la cottura delle carni previene la trasmissione con gli alimenti. È importante riferire i casi di colite emorragica alle pubbliche autorità sanitarie perché il loro intervento può prevenire ulteriori infezioni. La parte fondamentale del trattamento consiste in una buona terapia di supporto. Sebbene l’E. coli sia sensibile agli antimicrobici più comunemente utilizzati, gli antibiotici non sono stati in grado di migliorare la sintomatologia, di ridurre la diffusione del germe o di prevenire la SEU. Nella settimana successiva all’infezione, i pazienti ad alto rischio di sviluppare una SEU (p. es., bambini < 5 anni di età, anziani) devono essere tenuti sotto controllo per rilevare i segni precoci. I pazienti che sviluppano le complicanze è probabile che richiedano un trattamento intensivo, inclusa la dialisi e altre terapie specifiche presso centri specialistici.

3. INTOSSICAZIONE ALIMENTARE DA STAFILOCOCCO

Sindrome acuta con vomito e diarrea provocata dall’ingestione di cibo contaminato con l’enterotossina stafilococcica. 

Eziologia e fisiopatologia

I sintomi dell’intossicazione alimentare da stafilococco sono causati dall’enterotossina stafilococcica e non dallo stafilococco in sé. È una causa comune di avvelenamento da cibo e il potenziale per delle epidemie è elevato quando le persone che preparano il cibo avendo un’infezione cutanea, contaminano il cibo stesso, lasciandolo, poi, a temperatura ambiente. Le crostate, la pasticceria ripiena di crema in genere, il latte, la carne lavorata e i pesci rappresentano un ottimo terreno di coltura dove gli stafilococchi coagulasi-positivi crescono e producono le enterotossine. 

Sintomi e segni

L’inizio è, solitamente, improvviso. I sintomi, caratteristicamente rappresentati da una grave nausea e dal vomito, iniziano 2-8 h dopo l’ingestione del cibo contenente la tossina. Gli altri sintomi possono includere i dolori addominali crampiformi, la diarrea e, occasionalmente, la cefalea e la febbre. La diarrea, di solito, non è ematica perché la tossina non causa delle ulcerazioni mucose. Nei casi gravi si possono avere uno squilibrio acido-base, uno stato di prostrazione e uno shock. L’attacco è breve, durando spesso < 12 h e il recupero è, di solito, completo. I rari decessi si verificano a causa dello squilibrio idrico e metabolico, specialmente tra i pazienti molto giovani, anziani o cronicamente ammalati.

 Diagnosi, profilassi e terapia

La diagnosi si basa sul riconoscimento della sindrome clinica. Solitamente, diverse persone ne sono affette contemporaneamente, costituendo il nucleo di origine di un’epidemia. La conferma diagnostica, sebbene raramente necessaria, richiede l’isolamento degli stafilococchi coagulasi-positivi dal cibo sospetto. La colorazione di Gram dei campioni del vomito può mostrare gli stafilococchi. L’attenta preparazione dei cibi è indispensabile per la prevenzione. Le persone con la foruncolosi o l’impetigine non devono preparare i cibi per altre persone fino a che le loro lesioni non sono guarite. La terapia è trattata prima, nei Principi generali di terapia. La rapida reintegrazione EV della perdite droelettrolitiche porta, spesso, a un drastico miglioramento.

4. BOTULISMO

Avvelenamento neuromuscolare da tossine di Clostridium botulinum. Il botulismo si presenta sotto 3 forme: trasmesso dal cibo, delle ferite e dei lattanti.

 Eziologia e fisiopatologia

Il bacillo anaerobio gram +, sporulante, C. botulinum produce 7 tipi di neurotossine antigenicamente distinte, quattro delle quali colpiscono gli uomini: i tipi A, B, E o, raramente, il tipo F. Le tossine di tipo A e B sono proteine altamente velenose resistenti alla digestione da parte degli enzimi dell’apparato GI. Circa il 50% delle epidemie da intossicazione alimentare negli USA è causata dalla tossina di tipo A, seguita dai tipi B ed E. La tossina di tipo A è presente principalmente a ovest del fiume Mississippi, il tipo B negli stati orientali e il tipo E in Alaska e nell’area dei Grandi Laghi. Nel botulismo trasmesso dai cibi, viene ingerita la tossina prodotta all’interno dei cibi contaminati; nel botulismo delle ferite e dei lattanti la neurotossina viene elaborata in vivo dal C. botulinum, rispettivamente nei tessuti infetti e nel grosso intestino. Dopo l’assorbimento, le tossine interferiscono con il rilascio di acetilcolina a livello delle terminazioni nervose periferiche. Le spore del C. botulinum sono molto resistenti al calore e possono sopravvivere alla bollitura a 100°C per diverse ore; tuttavia, l’esposizione al calore umido a 120°C per 30 min le uccide. Le tossine, peraltr o, sono prontamente distrutte dal calore e la semplice cottura del cibo a 80°C per 30 min mette al sicuro dal botulismo. La produzione di tossine (specialmente del tipo E) si può verificare a basse temperature, anche a 3°C, cioè nel frigorifero e non richiede la presenz a di condizioni di stretta anaerobiosi. I cibi in scatola di produzione casalinga rappresentano la provenienza più comune, ma anche i cibi preparati commercialmente sono stati identificati come responsabili di circa il 10% delle epidemie. I più comuni veicoli sono le verdure, i pesci, la frutta e i condimenti, ma sono stati coinvolti anche la carne, i latticini, il maiale, il pollame e altri tipi di cibi. Nelle intossicazioni provocate dai frutti di mare, la tossina di tipo E è responsabile di circa il 50% dei casi; i tipi A e B sono responsabili dei restanti casi. Negli ultimi anni, i cibi non inscatolati (p. es., patate cotte avvolte nell’alluminio, aglio tritato in olio, tramezzini con carne e formaggio) hanno causato le epidemie associate ai pasti consumati nei ristoranti. 

Sintomi e segni

Nel botulismo trasmesso dal cibo, l’inizio è brusco, solitamente 18-36 h dopo l’ingestione della tossina, anche se il periodo di incubazione può variare da 4 h a 8 gg. La nausea, il vomito, i dolori addominali crampiformi e la diarrea precedono frequentemente i sintomi neurologici. Questi ultimi sono caratteristicamente bilaterali e simmetrici, iniziando dai nervi cranici e proseguendo con una debolezza o una paralisi discendente. I comuni sintomi e segni iniziali includono la secchezza delle fauci, la diplopia, la blefaroptosi, la perdita dell’accomodazione e la riduzione o la perdita totale del riflesso pupillare alla luce. Si sviluppano i sintomi di una paresi bulbare (p. es., disartria, disfagia, disfonia, espressione facciale flaccida). La disfagia può causare una polmonite da inalazione. I muscoli degli arti e del tronco e i muscoli della respirazione diventano progressivamente più deboli in senso cranio-caudale. Non si manifestano disturbi sensitivi e il sensorio solitamente rimane integro. La febbre è assente e il polso rimane normale o diventa bradicardico, a meno che non si sviluppi un’infezione intercorrente. Gli esami ematochimici di routine, gli esami delle urine e quelli del LCR sono normali. La costipazione è frequente dopo la comparsa dei danni neurologici. Le principali complicanze includono l’insufficienza respiratoria, dovuta alla paralisi del diaframma e le infezioni polmonari. Il botulismo delle ferite si manifesta con sintomi neurologici come nel botulismo alimentare, ma non presenta i sintomi a carico dell’apparato GI o le evidenze epidemiologiche che implicano il cibo come causa dell’intossicazione. L’anamnesi di una lesione traumatica o di una puntura profonda, avvenute nelle 2 sett. precedenti, può far supporre la diagnosi. Devono essere attentamente ricercate le lesioni cutanee o gli ascessi cutanei dovuti all’autoiniezione di farmaci illegali. Il botulismo del lattante si verifica più frequentemente nei lattanti con meno di 6 mesi di vita. Il più giovane paziente riportato in letteratura aveva 2 sett. e il più vecchio, 12 mesi. È causato dall’ingestione delle pore del C. botulinum, dalla loro colonizzazione dell’intestino e dalla produzione della tossina in vivo; contrariamente a quello alimentare, il botulismo del lattante non è provocato dall’ingestione di una tossina preformata. Inizialmente è presente una costipazione nel 90% dei casi, seguita da una paralisi  euromuscolare che inizia dai nervi cranici e  procede verso la muscolatura periferica e respiratoria. I deficit dei nervi cranici includono tipicamente la ptosi, la paralisi dei muscoli extraoculari, un pianto debole, una poppata scarsa, un diminuito riflesso del vomito, la perdita delle secrezioni orali e una faccia inespressiva. La gravità varia da una letargia lieve, con una rallentata alimentazione, a una grave ipotonia e insufficienza respiratoria. La maggior parte dei casi è idiopatica, anche se alcuni sono stati imputati all’assunzione di miele. Le spore di C. botulinum sono frequenti nell’ambiente e molti casi possono essere causati dall’ingestione di polvere microscopica. 

Diagnosi

Il botulismo può essere confuso con la sindrome di Guillain-Barré, con la poliomielite, con un ictus cerebrale, con la miastenia gravis, con una paralisi del nervo faciale e con un avvelenamento da curaro o da alcaloidi della belladonna. L’elettromiografia è utile per la diagnosi perché produce una caratteristica risposta aumentata alla stimolazione rapida e ripetitiva nella maggior parte dei casi. Nel botulismo trasmesso dal cibo, il quadro dei disturbi neuromuscolari e l’ingestione di cibo probabilmente infetto sono degli importanti indizi diagnostici. Il simultaneo verificarsi in almeno due pazienti che hanno mangiato lo stesso cibo, semplifica la diagnosi, che è confermata dimostrando la tossina del C. botulinum nel siero o nelle feci o con l’isolamento del microrganismo dalle feci. La presenza della tossina del C. botulinum nel cibo sospetto identifica l’origine dell’infezione. Gli animali domestici possono sviluppare il botulismo mangiando lo stesso cibo contaminato. Nel botulismo delle ferite, la presenza della tossina nel siero o l’isolamento del C. botulinum nella coltura anaerobia del materiale prelevato dalla ferita, conferma la diagnosi. Il botulismo dell’infanzia, può essere confuso con la sepsi, la distrofia muscolare congenita, l’atrofia muscolare spinale, l’ipotiroidismo e l’ipotonia benigna congenita. L’identificazione della tossina del C. botulinum o del microrganismo nelle feci permette la diagnosi.  

Precauzioni speciali

Poiché anche una minima quantità di tossina del C. botulinum assunta attraverso l’ingestione, l’inalazione o l’assorbimento attraverso l’occhio o una soluzione di continuo della cute, può provocare una grave malattia, tutti i materiali sospettati di contenere la tossina richiedono una manipolazione particolarmente attenta. Solo il personale esperto, preferibilmente vaccinato con l’anatossina del C. botulinum, deve eseguire gli esami di laboratorio. I campioni devono essere posti in contenitori infrangibili, sterili e sigillati; refrigerati (non ghiacciati) ed esaminati appena possibile. Ulteriori dettagli riguardanti la raccolta dei campioni e la loro manipolazione possono essere ottenuti dai centri di epidemiologia del Ministero della Sanità o dai Centers for Disease Control and Prevention (in Italia, dall’Istituto Superiore di Sanità, Roma, n.d.t.). 

Profilassi e terapia

Sono essenziali un appropriato inscatolamento commerciale e un adeguato riscaldamento del cibo inscatolato in casa, prima di consumarlo. Il cibo in scatola che presenta una qualsiasi evidenza di inquinamento, come le scatole rigonfie o con delle perdite, va gettato via. I lattanti con un’età < 12 mesi non devono essere alimentati con il miele che può contenere delle spore di C. botulinum. Chiunque sappia o pensi di essere stato in contatto con del cibo contaminato deve essere posto sotto un’attenta sorveglianza. Il lavaggio gastrico con la somministrazione di carbone attivo può essere utile. I pazienti affetti dal botulismo possono avere un’alterazione dei riflessi delle vie aeree e quindi il carbone deve essere somministrato attraverso il sondino nasogastrico e la via aerea deve essere protetta con un tubo endotracheale cuffiato. L’anatossina è disponibile per vaccinare le persone che lavorano con il C. botulinum o con le sue  tossine. Il maggior pericolo per la vita deriva dal danno respiratorio e dalle sue complicanze. Tutti i pazienti devono essere ospedalizzati e attentamente osservati con misurazioni periodiche della capacità vitale. La paralisi progressiva impedisce ai pazienti di manifestare i segni del distress respiratorio mentre la loro capacità vitale si riduce. Il danno respiratorio richiede il trattamento in un’UTI dove sono prontamente praticabili l’intubazione e la ventilazione meccanica Il miglioramento di tali misure di supporto ha ridotto la mortalità a < 10%.

5. INTOSSICAZIONE ALIMENTARE DA CLOSTRIDIUM PERFRINGENS

Gastroenterite acuta dovuta all’ingestione di cibo contaminato dal C. perfringens.

 Eziologia

Il C. perfringens è diffusamente presente nelle feci, nella polvere, nell’aria e nell’acqua. La carne contaminata ha causato diverse epidemie. Quando la carne contaminata con il C. perfringens viene lasciata a temperatura ambiente, l’organismo si moltiplica. Una volta all’interno del tratto GI, il C. perfringens produce un’enterotossina che agisce sul piccolo intestino. Solo il C. perfringens di tipo A è stato definitivamente collegato alla sindrome da avvelenamento da cibo. L’enterotossina prodotta è sensibile al calore (75°C ). 

Sintomi, segni e diagnosi

È più frequente una gastroenterite lieve, con l’inizio dei sintomi da 6 a 24 h dopo l’ingestione del cibo contaminato. I più frequenti sintomi sono la diarrea acquosa e i crampi addominali. Il vomito è inusuale. I sintomi si risolvono tipicamente in 24 h; raramente si possono verificare dei casi gravi o fatali. La diagnosi si basa sull’evidenza epidemiologica e sull’isolamento del microrganismo in grosse quantità dal cibo contaminato o dalle feci delle persone affette. 

Prevenzione e terapia

Per prevenire la malattia, la carne cotta avanzata deve essere subito refrigerata e poi riscaldata completamente (temperatura interna, 75°C) prima di servirla. La terapia viene descritta in Principi generali di trattamento, sopra. 

6. GASTROENTERITE VIRALE

Sindrome causata dall’infezione con uno tra diversi virus, di solito caratterizzata da vomito, diarrea e dolori addominali crampiformi. 

Eziologia e fisiopatologia

La gastroenterite virale è la causa più frequente di diarrea infettiva negli USA. Quattro categorie di virus sono ritenute responsabili della gastroenterite: i rotavirus, i calicivirus (incluso il virus di Norwalk), l’adenovirus enterico (sierotipi 40 e 41) e gli astrovirus. I virus causano la malattia infettando gli enterociti dell’epitelio villoso del piccolo intestino. La distruzione delle cellule di questo strato causa una trasudazione di liquidi e sali nel lume intestinale. Anche il malassorbimento dei carboidrati, che causa la diarrea osmotica, può avere un ruolo. 

Epidemiologia

I rotavirus sono la causa più frequente della grave diarrea disidratante nei bambini piccoli (picco d’incidenza, 3-15 mesi). Sono altamente contagiosi e la maggior parte delle infezioni avviene attraverso una via di trasmissione orofecale. Gli adulti si possono infettare dopo uno stretto contatto con un lattante infetto, ma la malattia negli adulti è generalmente lieve. Nei climi temperati, la maggior parte delle infezioni si verifica durante i mesi invernali. Ogni anno negli USA, un’ondata di infezioni da rotavirus inizia a SudEst in novembre e finisce a NordEst in marzo. L’incubazione dura da 1 a 3 giorni. Il virus di Norwalk, il prototipo dei calicivirus, infetta più frequentemente i bambini più grandi e gli adulti e l’infezione si verifica durante tutto l’anno. Il virus di Norwalk è la principale causa della gastroenterite epidemica virale; le epidemie trasmesse attraverso l’acqua o il cibo sono ben documentate. La trasmissione da persona a persona si verifica anche perché il virus è altamente contagioso. L’incubazione dura da 1 a 3 giorni. I sierotipi 40 e 41 dell’adenovirus sono la seconda causa più comune della gastroenterite virale dell’adolescenza. L’infezione si verifica durante tutto l’anno, con un lieve aumento in estate. I bambini < 2 anni sono maggiormente colpiti e la trasmissione si verifica da persona a persona attraverso la via di trasmissione orofecale. L’incubazione dura da 8 a 10 giorni. Si conosce meno a proposito dell’epidemiologia dei calicivirus non Norwalk e degli astrovirus. Entrambi possono infettare persone di tutte le età, ma di solito infettano i lattanti e i bambini piccoli. Le infezioni da calicivirus si verificano durante tutto l’anno, mentre le gastroenteriti causate dagli astrovirus sono più frequenti durante l’inverno. La trasmissione avviene attraverso la via orofecale. L’incubazione dura da 1 a 3 giorni per entrambi i virus. 

Sintomi e segni

La maggioranza delle infezioni causata da enteropatogeni virali è asintomatica. Nelle infezioni sintomatiche, la diarrea acquosa è il sintomo più frequente; le feci raramente contengono del muco o del sangue. I reperti obiettivi (p. es., le membrane mucose secche, la tachicardia) sono aspecifici e correlati al grado di disidratazione. I lattanti e i bambini piccoli affetti da una gastroenterite da rotavirus possono avere una grave diarrea acquosa che dura da 5 a 7 giorni e causa una disidratazione isotonica. Il vomito si verifica nel 90% dei pazienti e la febbre > 39°C si verifica in circ a il 30% dei casi. Il virus di Norwalk causa tipicamente un vomito a inizio acuto, dei dolori addominali crampiformi e la diarrea, con sintomi che durano solo 1-2 giorni. Nei bambini, il vomito è più importante della diarrea, mentre negli adulti, la diarrea è, di solito, più grave. I pazienti possono avere anche febbre, cefalea e mialgie. Il segno di riconoscimento della gastroenterite da adenovirus è una diarrea che dura 1-2 sett. I lattanti e i bambini affetti possono presentare un vomito di lieve entità che inizia 1-2 giorni dopo l’inizio della diarrea. Una febbre moderata si verifica in circa il 50% dei pazienti. Le infezioni da calicivirus non Norwalk nei lattanti e nei bambini sono di solito indistinguibili dalle infezioni da rotavirus. Tuttavia, gli adulti possono sviluppare dei reperti clinici più tipici dell’infezione da virusdi  Norwalk. L’astrovirus causa una sindrome simile a una lieve infezione da rotavirus. 

Diagnosi, prevenzione e terapia

La gastroenterite virale viene spesso diagnosticata clinicamente. L’esame colturale delle feci per i batteri e la ricerca delle uova e dei parassiti saranno negativi, ma questi esami, spesso, non sono necessari nei pazienti che presentano i sintomi tipici della gastroenterite virale. Le infezioni da rotavirus e da adenovirus enterico possono essere rapidamente diagnosticate usando dei test disponibili in commercio che identificano l’antigene virale nelle feci. I test per identificare gli altri enteropatogeni virali sono disponibili solo nei laboratori di ricerca. La prevenzione dell’infezione è complicata dalla frequenza dell’infezione asintomatica e dalla facilità con cui questi virus sono trasmessi da persona a persona, specialmente tra i bambini con i pannolini. È probabile che l’allattamento al seno permetta una certa protezione dall’infezione. Il personale sanitario si deve lavare le mani a fondo con sapone e acqua dopo aver cambiato i pannolini e la zona dove si cambiano i pannolini deve essere disinfettata con candeggina diluita o con alcol al 70%. Durante le epidemie di rotavirus nei reparti pediatrici, tutti i bambini devono essere studiati per l’escrezione dell’organismo. I bambini infetti e quelli non infetti possono quindi essere trasferiti per essere curati in aree diverse e da personale sanitario differente. Diversi promettenti vaccini contro i rotavirus sono in fase di sviluppo. Il punto cardine della terapia è l’appropriata infusione di liquidi. Anche se vomita, la maggior parte dei pazienti può essere efficacemente reidratata con soluzioni reidratanti orali, diverse delle quali sono disponibili come prodotti da banco. Le bevande per sportivi e le bevande gassate non sono delle appropriate soluzioni reidratanti per i bambini con < 5 anni di età. La reidratazione EV è necessaria solo per i pazienti con una grave disidratazione (v. Principi generali di trattamento, sopra). 

7. DIARREA DEL VIAGGIATORE

La gastroenterite dei viaggiatori è solitamente causata da batteri endemici nell’acqua locale. 

Eziologia, epidemiologia e fisiopatologia

La diarrea del viaggiatore può essere causata da diversi batteri, virus o parassiti. Tuttavia, l’E. coli enterotossigenico è la causa più frequente. Gli organismi dell’E. coli sono frequentemente presenti nelle provviste d’acqua di aree che mancano di una sua adeguata purificazione. L’infezione è frequente nelle persone che viaggiano attraverso alcune aree del Messico e dell’America latina, del medioriente, dell’Asia e dell’Africa. I viaggiatori spesso evitano di bere l’acqua locale, ma si infettano lavandosi i denti con uno spazzolino sciacquato impropriamente, bevendo dei liquidi raffreddati con del ghiaccio fatto con acqua locale o mangiando cibi preparati con acqua locale. 

Sintomi, segni e diagnosi

La nausea, il vomito, i borborigmi, i dolori addominali crampiformi e la diarrea iniziano da 12 a 72 h dopo l’ingestione dei cibi o dell’acqua contaminati. La gravità è variabile. Alcune persone presentano febbre e mialgie. La maggior parte dei casi è lieve e autolimitantesi, anche se si può verificare una disidratazione, specialmente nei climi temperati. 

Profilassi e terapia

I viaggiatori devono servirsi di ristoranti noti per l’igiene ed evitare l’assunzione di cibi provenienti da venditori ambulanti. Devono mangiare soltanto cibi cotti che sono ancora caldi, frutta che può essere sbucciata e bevande gassate in bottiglia senza ghiaccio; devono essere evitate le verdure non cotte. Le sospensioni di bismuto salicilato sono protettive se assunte in dosi abbondanti (60 ml qid). Il ruolo profilattico degli antibiotici è controverso. Questi devono probabilmente essere riservati ai pazienti particolarmente suscettibili alle conseguenze della diarrea del viaggiatore (p. es., pazienti immunocompromessi). Il punto chiave del trattamento è la reidratazione con l’infusione dei liquidi (v. Principi generali di terapia, sopra). Il trattamento sintomatico con il bismuto subsalicilato o con un agente antiperistaltico (difenossilato o loperamide) può essere utile. Questi farmaci devono essere sospesi se i sintomi persistono per > 4 giorni. Gli agenti antiperistaltici sono controindicati nei pazienti con febbre o con feci ematiche e nei bambini < 2 anni di età. La iodocloridrossichina, che può essere trovata in alcuni paesi in via di sviluppo, non deve essere usata perché può causare dei danni neurologici. Gli antibiotici sono, generalmente, controindicati per la diarrea lieve nei pazienti senza febbre o sangue nelle feci; questi farmaci possono alterare sfavorevolmente la flora intestinale e possono essere responsabili dello sviluppo di germi resistenti. Gli antibiotici possono essere indicati nei casi di diarrea più grave (tre o più scariche di diarrea nelle 8 h), specialmente se sono presenti il vomito, i crampi addominali, la febbre o le feci ematiche. Il  rimetoprimsulfametossazolo (una cp con doppia dose PO bid) e la ciprofloxacina (500 mg PO bid) hanno dimostrato di abbreviare il decorso della diarrea del viaggiatore. Di solito, è raccomandato un ciclo di 3 giorni di trattamento, anche se possono essere sufficienti cicli più brevi. La ciprofloxacina è controindicata nei bambini < 16 anni.

8. AVVELENAMENTO CHIMICO ALIMENTARE

Avvelenamento causato dall’ingestione di verdure o prodotti animali che contengono un veleno presente naturalmente 

Eziologia, sintomi e segni 

Funghi (funghi velenosi): l’avvelenamento muscarinico può essere causato da molte specie di Inocybe e da alcune specie di Clitocybe. I sintomi, che iniziano da pochi minuti a 2 ore dall’ingestione, includono la lacrimazione, la miosi, la salivazione, la sudorazione, il vomito, i crampi addominali, la diarrea, le vertigini, la confusione, il coma e occasionalmente le convulsioni. Sebbene i pazienti possano morire in alcune ore, la guarigione completa in 24 h è comune con l’appropriata terapia. I sintomi dell’avvelenamento da falloidina (amanitina), dovuto all’ingestione dell’Amanita phalloides e delle specie correlate, si manifestano dopo un intervallo di 6-24 h e sono simili a quelli dell’avvelenamento da muscarina, anche se si possono manifestare oliguria e anuria; è frequente un ittero, dovuto a un danno epatico, che si sviluppa in 2-3 gg. Si possono avere remissioni, ma la mortalità può arrivare al 50%, con il decesso che si verifica in 5-8 gg. La cottura del fungo non distrugge la tossina. Altre piante velenose: molte piante selvatiche e domestiche contengono delle sostanze velenose nelle foglie e nei frutti. Esempi comuni sono rappresentati dal tasso, dal vilucchio (Ipomea purpurea), dalla morella (Solanum nigrum), dai semi di ricino, dalla dieffenbachia, dal fagiolo indiano, dai semi di tung, dai frutti dell’ippocastano e dai fiori della paradisea (semi o baccelli). I frutti dell’albero di Koenig provocano “la malattia da vomito” della Giamaica. I tuberi acerbi o i loro germogli contengono la solanina e possono causare acutamente nausea, vomito, diarrea e prostrazione generale, solitamente di grado lieve. Le fave possono causare un’emolisi acuta (favismo) nelle persone affette da un deficit di G6PD. L’avvelenamento da segale cornuta fa seguito all’ingestione di cereali contaminati con la Claviceps purpurea, un fungo delle piante. Testi specializzati forniscono una lista completa delle piante riconosciute come velenose. Avvelenamento da pesci: la maggior parte degli avvelenamenti da pesce è causata da tre diverse tossine: l’avvelenamento da Ciguatera si può verificare dopo l’ingestione di una delle oltre 400 specie di pesci provenienti dalle scogliere tropicali della Florida, delle Indie Occidentali o del Pacifico, dove un dinoflagellato produce una tossina che si accumula nella carne del pesce; più i pesci sono grandi e vecchi e più sono tossici. Non si conoscono dei procedimenti di  reparazione protettivi e il sapore non è alterato. I sintomi possono iniziare 2-8 h dopo l’ingestione del pesce. Dopo i crampi addominali, la nausea, il vomito e la diarrea che dura da 6 a 17 h, si possono manifestare prurito, parestesie, cefalea, mialgia, una sensazione invertita di caldo e di freddo e dolori al viso. Anche dopo mesi, questi fenomeni sensitivi insoliti  possono essere gravemente debilitanti. L’avvelenamento da tetrodotossina, dal pesce palla, causa sintomi e segni simili; il decesso può essere causato da una paralisi respiratoria. L’avvelenamento da sgombroidi è causato dalla decomposizione batterica dopo la cattura del pesce, che produce in esso elevati livelli di istamina. Il pesce può avere un sapore piccante o amaro. Le specie comunemente implicate includono il tonno, lo sgombro, il bonito, il pesce blu e il mahimahi. L’istamina causa una reazione immediata con un caratteristico arrossamento del volto. Può anche provocare nausea, vomito, dolore epigastrico e orticaria entro alcuni minuti dall’ingestione del pesce infetto. I sintomi solitamente durano <24 h. Avvelenamento da crostacei: da giugno a ottobre, specialmente sulle coste del Pacifico e del New England le cozze, i frutti di mare, le ostriche e i pettini possono ingerire un dinoflagellato velenoso (marea rossa)che produce una neurotossina resistente alla cottura. Dopo 5-30 minuti dall’ingestione si manifestano  delle parestesie periorali. Poi si sviluppano nausea, vomito, dolori addominali crampiformi, cui seguono debolezza muscolare e paralisi periferica. La guarigione è di solito completa, ma l’insufficienza respiratoria può causare la morte. Contaminanti: un avvelenamento chimico può far seguito all’ingestione di frutta e verdure non lavate, trattate con arsenico, piombo o insetticidi organici; di liquidi acidi serviti in contenitori di vetro piombato; di cibi conservati in contenitori rivestiti di cadmio. I sintomi sono descritti nel Cap. 307 in base alla sostanza chimica coinvolta.

Terapia   Generale: a meno che non si siano verificati vomito o diarrea violenti o se i sintomi sono comparsi diverse ore dopo l’ingestione del cibo, si deve fare un tentativo di rimuovere il veleno con la lavanda gastrica. Può essere usato un emetico: l’apomorfina, 5 mg SC (per i bambini, 0,06-0,1 mg/kg), viene somministrata una sola volta. In via alternativa, si possono somministrare fino a 45 ml di sciroppo di ipecacuana PO (per i bambini, 15 ml), ripetuti una sola volta entro 15 min se necessario, seguiti da circa 200 ml di acqua. Può essere utile il carbone attivo, 60-100 g PO o somministrato attraverso un sondino gastrico. Può essere somministrato insieme a un catartico come il sorbitolo, alla dose di 1-2 ml/ kg. Se la nausea e il vomito persistono, devono essere  omministrati per via parenterale dei liquidi contenenti sali e glucoso, per combattere la disidratazione e lo squilibrio acido-base. Se c’è il rischio di uno shock, è indicato l’uso del destrano, dell’albumina umana o del sangue. Può essere necessaria la ventilazione meccanica e una terapia intensiva respiratoria. Specifica: in un paziente che ha mangiato un fungo non identificato, deve essere indotto immediatamente il vomito; l’identificazione della specie di fungo sarà utile per il trattamento successivo. L’atropina (1 mg SC o EV q 1-2 h sino a che i sintomi non sono sotto controllo), è un antagonista specifico della sovrastimolazione parasimpatica causata dall’avvelenamento muscarinico. Nell’avvelenamento da falloidina, il trattamento di supporto intensivo per l’insufficienza epatica e renale è il punto chiave del trattamento. Nel trattamento dell’ergotismo, lo spasmo arterioso può essere combattuto con il nitrito di amile, 0,3 ml per inalazione, con la nitroglicerina, 0,4 mg per via sublinguale o con la papaverina, 30-60 mg IM o EV. Quando indicato, deve essere usato un agente anticonvulsivante (p. es., il diazepam, 5-10 mg o più se necessario, lentamente EV o la fentoina, 10-15 mg/kg EV a ≤ 50 mg/min). Il mannitolo ≤1 g/kg EV in 30 min è stato indicato come il trattamento dell’avvelenamento grave da ciguatera. Gli H1 e gli H2-antagonisti possono essere usati per l’avvelenamento da pesce degli sgombroidi. Per l’avvelenamento causato dalla contaminazione alimentare con l’arsenico, il piombo, il cadmio o gli insetticidi organici, v. il Cap. 307. 

9. AVVELENAMENTO CHIMICO ALIMENTARE

Avvelenamento causato dall’ingestione di verdure o prodotti animali che contengono un veleno presente naturalmente 

Eziologia, sintomi e segni

Funghi (funghi velenosi): l’avvelenamento muscarinico può essere causato da molte specie di Inocybe e da alcune specie di Clitocybe. I sintomi, che iniziano da pochi minuti a 2 ore dall’ingestione, includono la lacrimazione, la miosi, la salivazione, la sudorazione, il vomito, i crampi addominali, la diarrea, le vertigini, la confusione, il coma e occasionalmente le convulsioni. Sebbene i pazienti possano morire in alcune ore, la guarigione completa in 24 h è comune con l’appropriata terapia. I sintomi dell’avvelenamento da falloidina (amanitina), dovuto all’ingestione dell’Amanita Phalloides e delle specie correlate, si manifestano dopo un intervallo di 6-24 h e sono simili a quelli dell’avvelenamento da muscarina, anche se si possono manifestare oliguria e anuria; è frequente un ittero, dovuto a un danno epatico, che si sviluppa in 2-3 gg. Si possono avere remissioni, ma la mortalità può arrivare al 50%, con il decesso che si verifica in 5-8 gg. La cottura del fungo non distrugge la tossina. Altre piante velenose: molte piante selvatiche e domestiche contengono delle sostanze velenose nelle foglie e nei frutti. Esempi comuni sono rappresentati dal tasso, dal vilucchio (Ipomea purpurea), dalla morella (Solanum nigrum), dai semi di ricino, dalla dieffenbachia, dal fagiolo indiano, dai semi di tung, dai frutti dell’ippocastano e dai fiori della paradisea (semi o baccelli). I frutti dell’albero di Koenig provocano “la malattia da vomito” della Giamaica. I tuberi acerbi o i loro germogli contengono la solanina e possono causare acutamente nausea, vomito, diarrea e prostrazione generale, solitamente di grado lieve. Le fave possono causare un’emolisi acuta (favismo) nelle persone affette da un deficit di G6PD. L’avvelenamento da segale cornuta fa seguito all’ingestione di cereali contaminati con la Claviceps purpurea, un fungo delle piante. Testi specializzati forniscono una lista completa delle piante riconosciute come velenose. Avvelenamento da pesci: la maggior parte degli avvelenamenti da pesce è causata da tre diverse tossine: l’avvelenamento da Ciguatera si può verificare dopo l’ingestione di una delle oltre 400 specie di pesci provenienti dalle scogliere tropicali della Florida, delle Indie Occidentali o del Pacifico, dove un dinoflagellato produce una tossina che si accumula nella carne del pesce; più i pesci sono grandi e vecchi e più sono tossici. Non si conoscono dei procedimenti di preparazione protettivi e il sapore non è alterato. I sintomi possono iniziare 2-8 h dopo l’ingestione del pesce. Dopo i crampi addominali, la nausea, il vomito e la diarrea che dura da 6 a 17 h, si possono manifestare prurito, parestesie, cefalea, mialgia, una sensazione invertita di caldo e di freddo e dolori al viso. Anche dopo mesi, questi fenomeni sensitivi insoliti possono essere gravemente debilitanti. L’avvelenamento da tetrodotossina, dal pesce palla, causa sintomi e segni simili; il decesso può essere causato da una paralisi respiratoria. L’avvelenamento da sgombroidi è causato dalla decomposizione batterica dopo la cattura del pesce, che produce in esso elevati livelli di istamina. Il pesce può avere un sapore piccante o amaro. Le specie comunemente implicate includono il tonno, lo sgombro, il bonito, il pesce blu e il mahimahi. L’istamina causa una reazione immediata con un caratteristico arrossamento del volto. Può anche provocare nausea, vomito, dolore epigastrico e orticaria entro alcuni minuti dall’ingestione del pesce infetto. I sintomi solitamente durano <24 h. Avvelenamento da crostacei: da giugno a ottobre, specialmente sulle coste del Pacifico e del New England le cozze, i frutti di mare, le ostriche e i pettini possono ingerire un dinoflagellato velenoso (marea rossa)che produce una neurotossina resistente alla cottura. Dopo 5-30 minuti dall’ingestione si manifestano delle parestesie periorali. Poi si sviluppano nausea, vomito, dolori addominali crampiformi, cui seguono debolezza muscolare e paralisi periferica. La guarigione è di solito completa, ma l’insufficienza respiratoria può causare la morte. Contaminanti: un avvelenamento chimico può far seguito all’ingestione di frutta e verdure non lavate, trattate con arsenico, piombo o insetticidi organici; di liquidi acidi serviti in contenitori di vetro piombato; di cibi conservati in contenitori rivestiti di cadmio. I sintomi sono variabili in base alla sostanza chimica coinvolta. 

Terapia

Generale: a meno che non si siano verificati vomito o diarrea violenti o se i sintomi sono comparsi diverse ore dopo l’ingestione del cibo, si deve fare un tentativo di rimuovere il veleno con la lavanda gastrica. Può essere usato un emetico: l’apomorfina, 5 mg SC (per i bambini, 0,06-0,1 mg/kg), viene somministrata una sola volta. In via alternativa, si possono somministrare fino a 45 ml di sciroppo di ipecacuana PO (per i bambini, 15 ml), ripetuti una sola volta entro 15 min se necessario, seguiti da circa 200 ml di acqua. Può essere utile il carbone attivo, 60-100 g PO o somministrato attraverso un sondino gastrico. Può essere somministrato insieme a un catartico come il sorbitolo, alla dose di 1-2 ml/ kg. Se la nausea e il vomito persistono, devono essere somministrati per via parenterale dei liquidi contenenti sali e glucoso, per combattere la disidratazione e lo squilibrio acido-base. Se c’è il rischio di uno shock, è indicato l’uso del destrano, dell’albumina umana o del sangue. Può essere necessaria la ventilazione meccanica e una terapia intensiva respiratoria. Specifica: in un paziente che ha mangiato un fungo non identificato, deve essere indotto immediatamente il vomito; l’identificazione della specie di fungo sarà utile per il trattamento successivo. L’atropina (1 mg SC o EV q 1-2 h sino a che i sintomi non sono sotto controllo), è un antagonista specifico della sovrastimolazione parasimpatica causata dall’avvelenamento muscarinico. Nell’avvelenamento da falloidina, il trattamento di supporto intensivo per l’insufficienza epatica e renale è il punto chiave del trattamento. Nel trattamento dell’ergotismo, lo spasmo arterioso può essere combattuto con il nitrito di amile, 0,3 ml per inalazione, con la nitroglicerina, 0,4 mg per via sublinguale o con la papaverina, 30-60 mg IM o EV. Quando indicato, deve essere usato un agente anticonvulsivante (p. es., il diazepam, 5-10 mg o più se necessario, lentamente EV o la fentoina, 10-15 mg/kg EV a ≤ 50 mg/min). Il mannitolo ≤1 g/kg EV in 30 min è stato indicato come il trattamento dell’avvelenamento grave da ciguatera. Gli H1 e gli H2-antagonisti possono essere usati per l’avvelenamento da pesce degli sgombroidi. Per l’avvelenamento causato dalla contaminazione alimentare con l’arsenico, il piombo, il cadmio o gli insetticidi organici. 

10. GASTROENTERITE DA FARMACI

Molti farmaci producono, come effetti collaterali, la nausea, il vomito e la diarrea. Deve essere raccolta un’accurata anamnesi sui farmaci assunti. Nei casi lievi, l’interruzione seguita da una nuova assunzione del farmaco può stabilire una relazione causale. Comunemente i farmaci responsabili includono gli antiacidi che contengono il magnesio quale ingrediente principale, gli antibiotici, gli antielmintici, i citotossici (usati nella terapia del cancro), la colchicina, la digitale, i metalli pesanti, i lassativi e la terapia radiante. L’uso degli antibiotici può causare la diarrea da C. difficile (v. Diarrea indotta da Clostridium Difficile nel Cap. 157). Deve essere consultata la letteratura pecialistica. L’avvelenamento iatrogeno, accidentale o intenzionale, con metalli pesanti, frequentemente, produce nausea, vomito, dolore addominale e diarrea. L’abuso di lassativi, talvolta negato dai pazienti, può portare a debolezza, vomito, diarrea, deplezione elettrolitica e disturbi metabolici. La sindrome del ristorante cinese è un fenomeno farmacologico, non allergico. Il glutammato monosodico, spesso usato nei cibi cinesi, produce una sindrome legata alla dose assorbita, che si manifesta con una sensazione di bruciore per tutto il corpo, senso di pressione facciale, ansia e dolore toracico. La dose soglia varia considerevolmente da un individuo all’altro.

 

 

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