Nutrizionista Cosenza – Dott.ssa Chiara Palermo

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Sindrome delle Apnee notturne

ASPETTI METABOLICI

Si definisce come sindrome da apnea ostruttiva nel sonno (OSAS) il verificarsi di più di cinque episodi di apnea per ora di sonno o di trentacinque episodi per notte; dove per apnea si intende la cessazione del flusso aereo alla bocca e al naso per più di 10 secondi. La soglia di cinque episodi l’ora distingue la normalità dalla patologia, infatti, un numero minimo di episodi apneici si osserva anche nei soggetti normali .
Gastaut e collaboratori descrissero per primi tre tipi di apnea: ostruttiva, centrale e mista. La forma ostruttiva è quella tipica delle OSAS, caratterizzata da una cessazione del passaggio dell’aria e dalla persistenza dei movimenti della parete toracica.
La forma centrale invece è una forma meno comune che interessa bambini che hanno un’immaturità del centro di controllo del respiro o adulti affetti da patologie cerebrovascolari o neuromuscolari o più spesso accompagna il respiro di Cheyne- Stokes. In questo caso la cessazione del flusso aereo è causata dall’abolizione transitoria del drive a tutti i muscoli respiratori, infatti, durante l’apnea non si osservano i movimenti della gabbia toracica che invece sono presenti nella forma ostruttiva.
La forma mista deriva dall’associazione delle altre due: infatti, un paziente affetto da apnee di tipo centrale può presentare anche delle caratteristiche delle vie aeree tali da favorirne il collasso e quindi presentare anche delle forme ostruttive.

EPIDEMIOLOGIA DELL’OSAS
Sono stati eseguiti molti studi epidemiologici al fine di stabilire la prevalenza delle OSAS nella popolazione. I risultati però sono spesso discordanti e comprendono ampi range di valori, a causa dei diversi metodi utilizzati per la diagnosi, della definizione della sindrome cui si fa riferimento e del campione di studio selezionato.
In uno studio condotto in Inghilterra nel 2004 la prevalenza dei soggetti che presentavano un’importante sonnolenza diurna associata alla necessità di utilizzare la C-PAP è stata stimata essere intorno allo 0,5% su una popolazione di media età (48,2 anni) ed un BMI medio di 24.9, mentre raggiungeva l’1,5% in una popolazione costituita da soggetti con un’età media di 52 anni e un BMI di 27.1. Tale valore però aumentava fino al 24% se venivano inclusi nel gruppo dei pazienti affetti da OSAS tutti quei soggetti che avevano più di 5 episodi/ora di apnee o ipopnee durante il sonno descritti con la polisonnografia. Infine i risultati ottenuti considerando le OSAS un’associazione tra più di 5 episodi/ora di apnea o ipopnee e evidenti sintomi diurni stimavano una prevalenza del 4% negli uomini e del 2% nelle donne.
Diversi i risultati ottenuti in altri studi condotti in USA, in questi, infatti, la prevalenza è stata stimata essere tra il 3 e il 28% per le OSAS di grado lieve definite da un AHI > 5 e tra l’1 e il 14% per le OSAS di grado moderato con un AHI >15. 

L’obesità, soprattutto quella viscerale, può contribuire allo sviluppo delle apnee attraverso diversi meccanismi .
Nell’obesità grave il diaframma è spinto verso l’alto e questo spostamento è maggiore nella posizione supina, la conseguenza è una minore capacità di contrazione da parte di questo muscolo associata ad una riduzione dei volumi polmonari. Questi fattori potrebbero favorire anche un restringimento della faringe e quindi lo sviluppo delle apnee.
Un’altra ipotesi è che il grasso viscerale comporti un incremento dell’attività dei muscoli respiratori portando alla produzione di una pressione negativa al punto tale da collassare le vie aeree superiori durante la fase inspiratoria.
Infine l’osservazione che la circonferenza del collo fosse uno dei principali fattori di predizione della sindrome ha fatto ipotizzare che il suo sviluppo fosse correlato con la distribuzione del grasso corporeo. Nel 1997 è stato condotto uno studio su 37 pazienti con obesità primaria aventi un BMI medio di 36.8 + 6.8 kg/m2; con l’uso della TC è stata fatta una stima delle aree di tessuto adiposo in alcuni distretti quali testa, torace, addome, avambracci, braccia, cosce e polpacci: l’area di tessuto adiposo viscerale risultava essere maggiore nei 21 pazienti con OSAS rispetto agli altri. Quindi sono stati eseguiti una serie di studi con la risonanza magnetica che hanno attribuito la riduzione del calibro alla presenza di depositi di grasso intorno alle vie aeree, depositi distribuiti in modo prevalente a livello delle pareti laterali. 

CLINICA

La sindrome delle apnee notturne ha un forte impatto sulla qualità e la quantità di vita dei pazienti che ne sono affetti. La mortalità di questi pazienti, infatti, è aumentata rispetto a quella della popolazione generale sia a causa delle complicanze cardiovascolari che la sindrome comporta, essa espone i pazienti ad un alto rischio di eventi acuti, sia a causa di un aumentato rischio di incidenti stradali determinati dall’insorgenza del “colpo di sonno”, frequente in questi pazienti data la scarsa efficienza del riposo notturno . 
Anche la qualità di vita è molto compromessa, in quanto i pazienti riferiscono spesso una difficoltà di concentrazione, una riduzione del rendimento lavorativo e una compromissione della loro vita sociale a causa dell’insorgenza di cefalea e depressione.
Alla base dei disturbi presenti nel quadro clinico delle OSAS possono essere identificati principalmente due eventi: le alterazioni della qualità, quantità e struttura del sonno, da cui derivano disturbi di tipo psichiatrico e neurologico; la ricorrenza di periodi di ipossiemia durante il sonno che provocano alterazioni funzionali del sistema respiratorio e cardiocircolatorio.
ALTERAZIONI ENDOCRINE E DEL METABOLISMO 
La sindrome delle apnee notturne sembra avere un impatto importante anche sulle funzioni metaboliche, si è visto, infatti, che i pazienti affetti da questa patologia hanno un rischio di sviluppare insulino-resistenza e intolleranza glucidica maggiore rispetto ai pazienti esclusivamente obesi .

In uno studio francese condotto su 494 pazienti, si è osservata una maggiore prevalenza di diabete tipo-2 e di intolleranza al glucosio (IGT) nei pazienti con OSAS rispetto al gruppo di controllo. Da questo studio è risultata una correlazione tra la glicemia misurata dopo carico di glucosio, la sensibilità all’insulina e la gravità delle OSAS, espressa in termini di AHI.
Le ipotesi sulle possibili cause alla base delle alterazioni del metabolismo glucidico sono molteplici. Dionne e collaboratori hanno suggerito che l’ipossia possa agire determinando una riduzione della produzione di ATP nelle beta cellule del pancreas. Invece dai risultati ottenuti in studi su animali l’insulino-resistenza sarebbe determinata da una ridotta responsività dei recettori insulinici all’azione dell’ormone e ad una ridotta attività della tirosin-chinasi durante l’ipossia. Il ruolo determinante dell’ipossia è stato confermato anche da un altro studio in cui si è trovata una stretta correlazione tra il grado di ipossia e la sensibilità insulinica.
Si è ipotizzato che anche l’attività del sistema simpatico, alterata nei pazienti affetti da OSAS durante la notte, potesse facilitare lo sviluppo dell’intolleranza al glucosio e l’insulino-resistenza.
L’ipotesi più recente riguarda le alterazioni dei livelli di leptina, un ormone prodotto dal tessuto adiposo che ha un importante ruolo nel regolare l’assunzione di cibo. Gli obesi presentano solitamente alti livelli di questo ormone a causa di una leptino-resistenza. I soggetti affetti da OSAS presentano addirittura dei livelli di leptina più elevati rispetto ai soggetti obesi, indipendentemente dalla massa grassa.

La leptina potrebbe favorire sia le alterazioni metaboliche specialmente per quanto concerne l’insulino-resistenza, sia dall’altra potrebbe favorire lo sviluppo delle apnee, infatti, in alcuni studi condotti su animali si è visto che la leptina previene la depressione respiratoria e che una sua carenza può indurre un’ipoventilazione.
Oltre alle alterazioni degli ormoni coinvolti nel controllo del metabolismo glucidico sono state riscontrati nei pazienti con OSAS alterati livelli di quelli dell’asse ipotalamico-ipofisario.
Uno tra i più studiati è il GH, si è osservato, infatti, che nelle OSAS come nell’obesità si ha una riduzione della produzione di questo ormone associato con normali o bassi livelli di IGF-1. 

In uno studio più recente si è visto che nei pazienti affetti da OSAS si ha anche una ridotta sensibilità periferica all’azione del GH.
Inoltre la produzione di ACTH in risposta al CRH risulta aumentata, in maniera maggiore che nei soggetti obesi . E’ stato ipotizzato che le alterazioni sia del GH che dell’ACTH sono da riferire all’ipossia o alla frammentazione del sonno, infatti, dopo tre mesi di trattamento con C-PAP i valori tornano nella norma anche senza un evidente calo ponderale. Le alterazioni che riguardano gli altri ormoni del sistema ipotalamico-ipofisario hanno riportato risultati discordanti e non ancora certi, ma è stata riscontrata una riduzione dei livelli di ormoni tiroidei, di LH, di testosterone e di aldosterone e cortisolo in molti dei pazienti affetti da OSAS.
Infine le OSAS possono essere considerate un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo della sindrome metabolica. In uno studio condotto su 104 pazienti, di cui 61 affetti da OSAS sono stati misurati la glicemia, l’insulinemia, i lipidi plasmatici e i valori pressori. Da questo studio è emerso che i pazienti affetti da OSAS presentano livelli di pressione più alti, un’elevata concentrazione di insulina e trigliceridi, un aumento delle LDL e una riduzione delle HDL indipendentemente dall’obesità. Inoltre è stato stimato che la sindrome metabolica è 9.1 volte più frequente nei soggetti con OSAS rispetto agli obesi.

Dott.ssa Chiara Palermo

Sindrome delle Apnee notturne

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